Credo che chiunque, anche chi non opera nel settore alimentare, abbia sentito parlare di HACCP.
Letteralmente, H.A.C.C.P. è l’acronimo inglese di Hazard Analysis and Critical Control Points, ovvero sistema di analisi dei rischi e punti di controllo critico.
L’HACCP è quindi un sistema di autocontrollo che consente la produzione ed il confezionamento di alimenti in sicurezza ed igiene, mirando ad individuare e prevenire possibili criticità di sistema, piuttosto che analizzare il singolo prodotto alimentare.
Il sistema HACCP è stato ideato dalla NASA (ebbene si! La famosa agenzia spaziale americana) negli anni sessanta, con l’intento di garantire la massima sicurezza alimentare per gli astronauti durante le missioni spaziali.
L'HACCP è stato poi introdotto in Europa solo negli anni novanta, prevedendo l'obbligo di applicazione del protocollo HACCP per tutti gli operatori del settore alimentare.
Questa normativa è entrata in vigore in Italia il 1 gennaio 2006, abrogando il Danzi.
Ovviamente la normativa HACCP non è equivalente a quella ideata dalla NASA, in quanto la Commissione Europea ha provveduto a ridisegnarne le procedure applicative nel DT CE n. 852/2004.
Sono tenuti a dotarsi di un protocollo HACCP tutte le industrie alimentari, ma anche bar e servizi di ristorazione, macellerie, pescherie, ortofrutta, GDO, chioschi, discoteche, etc, etc..
Un CCP (Critical Control Point) è un punto, una fase, o una procedura in cui è necessario attuare un controllo al fine di eliminare, prevenire o ridurre ai minimi termini un pericolo di contaminazione alimentare.
Per identificare i processi che devono essere controllati viene utilizzato "l'albero delle decisioni" ovvero il Decision Tree, al fine di comprendere se un passaggio all'interno della produzione o confezionamento di un alimento è da ritenersi un punto di controllo critico o solamente un punto di controllo.
Ogni fase rappresenta uno stadio di manipolazione degli alimenti, comprendenti la produzione primaria, la loro ricezione e trasformazione, l’eventuale confezionamento, la conservazione ed il trasporto, sino alla vendita al consumatore finale.
Individuati i CCP, si identificheranno le procedure di monitoraggio per mantenere sotto controlli i punti critici, individuando altresì opportune azioni correttive, qualora si rilevasse che uno o più CCP si avvicini al limite critico.
Si procederà quindi alla realizzazioni di un apposito manuale HACCP, oltre che un sistema di registrazione, ovvero la compilazione di documenti finalizzati a dimostrare l'effettiva applicazione delle misure precedentemente esposte.
I pavimenti industriali, tema del nostro portale, rientrano a pieno titolo nel sistema di autocontrollo HACCP.
E’ difatti intuibile quanto sia di estrema importanza che nelle industrie alimentari le pavimentazioni seguano lo stesso rigore igienico di tutto il sistema produttivo, che si presentino quindi in perfetto stato di conservazione, impermeabili, facilmente sanificabili e con il minor numero di aree soggette a deposito di sporco, come ad esempio le fughe delle piastrelle.
I classici pavimenti industriali in calcestruzzo, seppur trattati con antipolvere o indurenti a base di silicati di litio, non sono assolutamente adatti in aree di produzione e confezionamento, in quanto non possono garantire impermeabilità e facilità di igienizzazione.
I pavimenti in piastrelle di klinker, offrono altissime resistenze all’abrasione ed al graffio, sono conformi al protocollo HACCP ma mostrano un limite costruttivo: le fughe!
Una semplice area di 200 mq di pavimento in piastrelle di klinker potrebbe avere anche oltre mille metri lineari di fughe, le quali sono aree di difficile pulizia e possibile deposito di sporcizia.
Tali fughe sono inoltre fonte di disagio al traffico dei carrelli a ruota rigida.
I pavimenti industriali in resina, se progettati e realizzati ad hoc, sono da molti anni un must all’interno delle industrie alimentari, con un interessantissimo connubio tra costo di realizzo e prestazione.
E’ tuttavia indispensabile che:
I pavimenti industriali in resina, a differenza delle piastrelle o dei linoleum, sono pavimentazioni che vengono interamente realizzate in opera. Significa quindi che non ci si limita ad installare un prefabbricato (le cui prestazioni sono già determinate, purché non limitate da un sottofondo scadente), ma l’intero “sistema resinoso” viene applicato in cantiere, con diversi strati di resina allo stato liquido.
Ciò determina una importanza fondamentale della progettazione (il pavimento giusto per la specifica destinazione d’uso) ed una posa in opera da parte di personale specializzato, il quale deve applicare il giusto metodo ed il giusto quantitativo di materiali.
I pavimenti industriali in resina che si esfoliano o si staccano sono superfici realizzate in estrema economia, inadatte allo scopo, posate da qualche improvvisato o, peggio, da qualche “furbetto”.
Un pavimento industriale in resina adeguatamente progettato e realizzato, ha una vita utile paragonabile ad analogo klinker.
le pavimentazioni industriali in resina oltre che offrire i migliori standard igienici, devono essere realizzate in funzione della specifica destinazione d'uso, nel rispetto delle norme di sicurezza previste dal D.lgs. 81/2008.
L'effetto antisdrucciolo del pavimento potrà quindi essere personalizzato per ogni singola area dell'azienda.
Ad esempio, per aree frequentemente bagnate o con versamento di liquidi organici, la ruvidità del pavimento potrà essere adeguatamente accentuata, al fine di prevenire la scivolamento di operatori o carrelli elevatori, senza necessariamente preguidicare la pulibilità della superficie.
Come sempre, il consiglio é di rivolgersi ad un tecnico specializzato e qualificato, che possa quindi individuare la giusta pavimentazione in ogni area dell'azienda.
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