Nell’ultimo ventennio, nel settore dei pavimenti industriali così come in molti altri settori, c’è stato un esponenziale aumento di densità normativa nazionale ed internazionale.
Le normative assumono un ruolo fondamentale per fornire indicazioni progettuali e criteri di collaudo delle opere, con l’ovvia conseguenza di stimolare il mercato di riferimento ad adeguarsi a nuovi standard qualitativi.
Tutto molto bello… almeno in teoria.
Come spesso accade, si tende a passare da una carenza normativa ed uno stato di semi-anarchia di mercato, ad un ‘affollamento normativo’ tale da rendere estremamente difficoltoso avere una visione d’insieme, se non addirittura a rendere impossibile (sempre in via teorica) la realizzazione di un’opera.
Un esempio lampante è stato quello dell’ingresso delle NTC 2018, che hanno prescritto che l’inserimento di fibre come rinforzo strutturale del calcestruzzo sia consentito ai soli produttori del calcestruzzo stesso, i quali devono preventivamente qualificare e certificare con un CVT (Certificato di Valutazione Tecnica) le singole ricette di calcestruzzo fibrorinforzato.
Una situazione unica al mondo.
Ad oggi, dopo quasi 7 anni, i produttori di calcestruzzo preconfezionato non dispongono di alcun CVT (salvo un caso isolato), pertanto grazie alla normativa il settore del calcestruzzo fibrorinforzato è stato letteralmente ucciso… almeno sulla carta.
Si, perché il mercato italiano, quando si trova di fronte ad un ostacolo normativo, lo scavalca e lo ignora.
In questi anni il calcestruzzo fibrorinforzato è stato largamente utilizzato, in barba alla normativa cogente.
Oggi (fine 2024) la situazione legislativa in merito al CVT del calcestruzzo fibrorinforzato si sta sbloccando... ma ammetto di essere abbastanza disinteressato a questa 'evoluzione normativa'...
Nell’affollamento normativo è inoltre importante distinguere tra norme Cogenti italiane, norme internazionali, norme volontarie e codici tecnici emessi dalle associazioni di settore.
Pensi che tutto questo sia un inutile caos?
Ovvio, lo é.
Le aziende costruttrici virtuose dovrebbero trovare nella normativa un fedele alleato, che obblighi le aziende meno virtuose ad adeguarsi a standard qualitativi più elevati.
Questo dovrebbe avvenire a condizione che le norme vengano scritte in modo coerente con la realtà di mercato, che siano applicabili nella loro totalità e che vengano recepite dal settore.
Purtroppo molto spesso non avviene né l’uno né l’altro.
Alcune norme vengono scritte da tecnici/progettisti che non hanno un costante contatto con la quotidiana realtà di mercato (ovviamente è una mia personalissima opinione). Talvolta qualche documento tecnico indica criteri costruttivi che sono fisicamente irrealizzabili, in altri casi si fanno prescrizioni che sono totalmente anacronistiche rispetto alla realtà di mercato.
La normativa passa quindi dall’essere un potenziale alleato ad un nemico da cui difendersi.
I clienti vogliono solamente la qualità al prezzo più basso possibile, demandando alla generica ‘regola d’arte’ ogni possibile criterio costruttivo.
Il codice della strada avrebbe senso se non esistessero gli organi di Polizia che lo fanno rispettare?
I cittadini pagherebbero le imposte se non esistessero la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate?
Risposta scontata.
In cantiere l’organo di ispezione e controllo si chiama DIREZIONE LAVORI, una figura tecnica nominata dal Committente e che opera negli interessi dello stesso.
I problemi sono fondamentalmente due:
In sintesi, vuoi per mancanza di una D.L., vuoi per semplice lassismo della stessa o misconoscenza normativa, i pavimenti industriali, salvo le dovute sporadiche eccezioni, non sono soggetti ad alcuna verifica di collaudo.
In assenza di controlli, le prescrizioni progettuali rimangono valori puramente astratti.
Sarebbe molto bello elogiare le normative e dichiarare di osservarle scrupolosamente, ma se vogliamo evitare di raccontarci storielle possiamo dire apertamente che la realtà è ben diversa.
Non so quante persone in Italia conoscano il contenuto di tutti i documenti tecnici che ho citato in questo articolo, ma penso di non essere eccessivamente pessimista affermando che si potrebbero contare sulle dita di due o tre mani.
La maggior parte delle imprese e dei clienti ignorano l’esistenza stessa di queste norme.
Un minimo di ricerca e di interesse verso la normativa tecnica si risveglia quando il pavimento industriale finisce in tribunale ed il Giudice incarica un C.T.U., quale esperto della massima autorevolezza e di insindacabile giudizio, il quale dovrà decidere le sorti del contenzioso.
Anche in questo caso tuttavia, la mia personale esperienza mi porta ad affermare che le competenze dei CTU nella maggior parte dei casi sono tutt’altro che autorevoli e, invece di dedicarsi ad effettuare perizie leggendo ed applicando la normativa di riferimento, molti CTU si limitano a trarre conclusioni basandosi su considerazioni del tutto soggettive e prive di riscontro normativo.
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