Ristrutturare un pavimento in piastrelle di gres rivestendolo in resina: Non sempre é la soluzione giusta.

03/06/2021

Immagine La cronistoria tipica del pavimento industriale in piastrelle…

La cronistoria tipica del pavimento industriale in piastrelle…

In molti magazzini e fabbriche italiane del 20° secolo, le pavimentazioni sono state realizzate con piastrelle di gres porcellanato, nel classico color rosso mattone. Tali pavimentazioni risultavano avere eccezionali doti di resistenza all’abrasione, al graffio, all’usura e (limitatamente alla sola piastrella) di compressione.
Queste piastrelle di gres porcellanato venivano posate su un sottofondo cementizio, incollate con apposito collante e “fugate”, sempre con prodotti a base cemento.
Con il passare degli anni, qualche piastrella inizia a rompersi. Si formano delle buche che, con il passare dei carrelli, aumentano di ampiezza.
Si inizia quindi a tamponare la situazione facendo dei “rattoppi” con malte cementizie.
I rattoppi sembrano non reggere, si fessurano, si sfaldano; si tenta quindi, tramite le locali rivendite edili, di trovare la malta cementizia più resistente e duratura, magari rinforzata con fibre.
Niente da fare.
La pavimentazione sembra che ormai abbia raggiunto il punto di non ritorno.
Si inizia a pensare che il sottofondo abbia perso nel tempo le sue resistenze.
Qualcuno ipotizza la demolizione ed il rifacimento del pavimento, ma tale operazione spaventa, perché sono presenti macchinari, scaffalature, ed è impossibile fermare l’attività.

Immagine Identificare le vere origini del degrado del pavimento.

Identificare le vere origini del degrado del pavimento.

Se leggendo queste righe avete rivissuto la storia del pavimento della Vostra azienda, consolatevi: di casi come questi ne ho visti moltissimi e la storia si ripete.
Prima di affrontare le possibili soluzioni al problema, esaminiamo la “patogenesi” del degrado.

Talvolta, la colpa della rottura delle piastrelle viene attribuita al massetto di sottofondo, il quale pare abbia perso le sue resistenze caratteristiche.  In realtà, tale affermazione risulta essere veritiera solo in una minoranza dei casi esaminati.
Tale deduzione è spesso frutto della convinzione che il lavoro che viene fatto sulla pavimentazione è invariato da decenni, quindi le cause del degrado non possono essere esterne al pavimento stesso.
Esaminando la vita della pavimentazione, spesso apprendiamo che in realtà il carico di lavoro nel corso degli anni è estremamente cambiato, e ciò è avvenuto quando si è iniziato a sostituire i carrelli elevatori con veicoli più moderni.
Spesso, il passaggio dai carrelli a ruota gommata ai carrelli a ruota rigida (Vulkollan e poliuretano) segna l’inevitabile fine della vita del pavimento.
A parità di carico trasportato e di peso del carrello, una ruota rigida in Vulkollan presenta:

  1. Un diametro notevolmente più ridotto.
  2. Una superficie di appoggio notevolmente ridotta (data sia dal minor diametro della ruota che dal materiale semi-rigido).
  3. Una capacità di trasmettere pressioni di contatto ed urti alla pavimentazione da 5 ad 11 volte superiore ad una ruota in gomma.

Ecco quindi che, a parità di tipologia di lavoro e di carichi trasportati, la sola sostituzione del carrello elevatore può portare il pavimento a sopportare un carico di lavoro per cui non è stato progettato e realizzato!
 

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E’ più che comprensibile che pensare alla demolizione e rifacimento del pavimento, con un’attività in esercizio e macchinari presenti possa spaventare.
La naturale conseguenza è la ricerca di soluzioni alternative, che non implichino lo smantellamento dell’esistente, ma non sempre questa strada è percorribile con successo.
Nella mia attività lavorativa mi trovo a realizzare quasi quotidianamente pavimenti in resina nei miei cantieri, quindi non ho alcun pregiudizio verso tale soluzione. Tuttavia, con un briciolo di onestà professionale, bisogna sempre evidenziare i limiti di tali sistemi.
Occorre ricordare che un pavimento industriale in resina, pur con elevate prestazioni, è da intendersi quale rivestimento millimetrico di un supporto (pavimento esistente).
A causa del ridotto spessore, il pavimento in resina non è quindi in grado di aumentare in modo apprezzabile i valori di portata del pavimento (resistenza a compressione).
Ne consegue che, se il pavimento non è in grado di sopportare il carico di lavoro cui è destinato, difficilmente potrà farlo a seguito del rivestimento.
La foto a lato, scattata durante una mia perizia, è un chiaro esempio di quanto descritto.
Il proprietario della fabbrica, nel tentativo di recuperare la pavimentazione, ha affidato ad una ditta specializzata l’esecuzione di un rivestimento epossidico multistrato. Ora, dopo meno di un anno, alcune zone sono già oggetto di sfondamento/cedimento, ed occorre quindi rivalutare l’idea di demolire e rifare ex-novo la pavimentazione, affrontando un doppio disagio ed una doppia spesa.

Un pavimento in resina può essere la soluzione, ma occorre che un tecnico specializzato faccia attente valutazioni ed individui le corrette cause del degrado della pavimentazione prima di percorrere questa strada.
 

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